Premessa relativa alla campagna fotografica del 1990/1991

Con uno sguardo attento ai particolari, e giocando su piccoli segnali di rimando, Mario Cresci affronta alcuni temi della civiltà contadina, girando intorno – in cerchi concentrici e lungo itinerari incrociati – al paese di Saint Nicolas.
Cresci si dimostra in grado dì andare oltre il documento, nel momento in cui rifiuta la narrazione e sì pone in rapporto di “ascolto”, disponibile a lasciarsi permeare dalle presenze e dalle sottili corrispondenze che il suo sguardo sistematico riesce ad individuare.

Il fuoco delle caldarroste rimanda a quello su cui gocciola nel paiuolo il telo della fontina: una gallina in primo piano fa da quinta ad un fondale alpino come il simulacro dello stambecco sul poggio; il telo argentato che copre la paglia dietro i bidoni allineati rimanda al teatro del cortiletto rustico entro cui appare una vecchia utilitaria. Fenomeni inusuali agli occhi di un estraneo, questi momenti sospesi sono vissuti da Cresci come un evento totalizzante, che “e così” e che si condensa in una sensazione di irrealtà.

Seguendo questo filo interiore, Cresci coglie i momenti sospesi con un’attenzione, a volte esasperata, ad accadimenti e rimandi appena percettibili. Sprigiona, da tutte le sue fotografie, un’atmosfera di numinoso, quasi che i segni e le presenze evocassero atmosfere e sensazioni di cui il fotografo avverte la forte consistenza.
E tuttavia l’atteggiamento di Cresci non è quello di chi vuole a tutti i costi capire, giustificare, razionalizzare.
Lontano da questa pretesa di chiudere il suo lavoro in una sintesi troppo consolatoriamente esplicativa, egli ci restituisce – quasi a farci partecipi della sua stessa inquietudine – un discorso puramente analitico, espresso in immagini spesso riflessive, di un bianconero allentato e meditativo.