Attilio Colombo inedito su GABRIELE BASILICO … era il 1991

Premessa relativa alla campagna fotografica del 1990/1991

La grande esperienza internazionale di Gabriele Basilico porta il fotografo milanese a misurarsi con il paesaggio antropizzato che si colloca sulle direttrici di percorrenza della Vallèe d’Aoste. Non credo ci sia un genere di approccio fotografico più analitico di quello di Basilico: analitico, dico, per la estrema ricchezza delle informazioni che le sue inquadrature riescono a contenere e a trasmettere, e non dubito che, entrando a far parte del patrimonio documentario della Regione, queste fotografie serviranno egregiamente, tra qualche decina d’anni a testimoniare lo stato d’arte dell’attuale situazione ambientate.

L’intreccio di “segnali” che si accumula dentro le fotografie di Gabriele Basilico ci appare come allentato, ordinato nelle proprie corrispondenze”. Sembra quasi che il fotografo abbia individuato nella congerie dei segni, geologici naturali agricoli edilizi industriali, una chiave demiurgica, una sistematicità intrinseca che ci svela non solo i piani prospettici e le interferenze stratificate di un paesaggio molto complesso, ma la specifica ragion d’essere di ogni ponte, viadotto, muretto, palo, cavo d’elettrodotto, paravalanghe, spartitraffico e – insieme – la nascosta armonia di quella che normalmente ci appare come una discordante e provvisoria sovrapposizione di elementi e di esigenze.

Già l’entrata in Valle è una dichiarazione: s’annuncia con un muraglione di cemento sulla sinistra, una roccia che anticipa le prima balze dei monti e, dritto davanti, prima della grande curva dell’autostrada, la lontananza di stabilimenti industriali con la loro torre d’acqua. Un’immagine che anticipa quella lettura multipla che ritroviamo in molte immagini di Basilico, e che è sintetizzata magistralmente nelle vedute d’infilata dall’alto verso Pont-Saint-Martin: dove la congerie dei segnali è magicamente ordinata in un coro polifonico di rara potenza ed espressività.

Grazie ad uno sguardo acuto, e ad una resa formale che pennella i volumi servendosi delle infinite vibrazioni dei grigi, anche nelle immagini di forte luminosità, Basilico arriva a fondare quasi una nuova critica del paesaggio che supera il carattere inventariale della fotografia, per definir ne non solo la capacita di penetrazione, ma anche la dimensione progettuale.

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