Attilio Colombo inedito su Francesco Radino …era il 1991

Francesco Radino 1991 – Valle d’Aosta

Premessa relativa alla campagna fotografica del 1990/1991

La scintillante scrittura in bianconero di Francesco Radino affronta un tema come quello dei resti romani e medievali in Valle, che era difficile affrontare in modo originale. Originale, dico, rispetto agli statuti storici della visione archeologico-monumentale o turistico-culturale.

Francesco Radino 1991 – Valle d’Aosta

Radino riesce a portare brillantemente a termine il compito che si e assunto puntualizzando un tipo di approccio estremamente soggettivo e tuttavia ampiamente condivisibile.

Francesco Radino 1991 – Valle d’Aosta

Spogliandosi di ogni retorica delmonumento ed anche di ogni possibile suggestione culturale, Radino si avvicina a questi resti/testimonianza mantenendo lo sguardo quasi sempre ad altezza d’uomo, fisicamente e psicologicamente. Gli appaiono le stigmate di un passato del cui senso cerca di farsi una ragione, ma da cui spesso riesce solo ad ottenere rimandi alla caducità, all’abbandono, al passare del tempo e degli anni.

Francesco Radino 1991 – Valle d’Aosta

Quasi interrogandosi ulteriormente sulla funzione che queste presenze assumono oggi nel paesaggio naturale e nell’ambiente antropizzato, Radino traduce visivamente la difficoltà dell’uomo comune a capire attraverso l’evidenza delle grate, delle palizzate, delle inferriate, dei folti rami della vegetazione che chiudono la vista, che frammentano lo sguardo.

Francesco Radino 1991 – Valle d’Aosta

Nessuna intenzione didascalica nello sguardo del fotografo che riesce a mantenersi in equilibrio tra l’adesione ai propri temi e la possibilità di farne pretesto per un’esercitazione formalistica. Luci e ombre nette, nitidezza dei dettagli, inquadrature quasi sempre limitate, un estrema pulizia formale ed un forte senso dei valori plastici consentono a Radino non solo di attingere livelli di grande dignità espressiva e di notevole valore estetico, ma soprattutto di reinterpretare visivamente i segni della storia e di situarli dentro la concitata disattenzione dell’uomo d oggi.

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